Clima di festa, rassicurazioni da chi ha seguito da vicino, molto vicino, le elezioni nel paese si affiancano ai commenti dei giornali europei timorosi di quella che viene annunciata come una deriva islamista, che contagia rapidamente il Magreb.
Alla vigilia della mia partenza per Tunisi, ascolto le voci diverse, tra lo sconforto, la rabbia dei 'laici', progressisti; il riconoscimento della vittoria dell'avversario da parte dei partiti di sinistra, con un'eleganza che è un inchino alla democrazia, i video e le immagini che igungono direttamente da Tunisi e la nostra stampa. Credo sia presto per capire che cosa realmente accadrà, perché forse il nuovo governo si potrà giudicare se si confermerà Ennahda alla guida, quando si installerà tra un anno come 'definitivo'. Spesso alcuni aspetti non emergono durante il fidanzamento ma solo nel matrimonio.
Al momento occorre capire il meccanismo della vittoria da una parte, della sconfitta dall'altra. Ennahda ha un'organizzazione capillare, si è mostrata vicina alla gente più bisognosa andando dove nessuno era mai stato, nel mondo rurale del sud abbandonato per vent'anni da Ben Ali. Ha goduto inoltre del privilegio accordato alle vittim del carceriere che il popolo ha cacciato. Dall'altra parte la sinistra che innanzi tutto non ha risorse finanziarie e quindi ha affrontato un cammino tutto in salita. Forse è stata anch meno organizzata e sembre ricalcare alcuni difetti della sinistra italiana ed europea in generale. Si è presentata divisa, con una dispersione dei voti; ha demonizzato l'avversario, che è dimostrato non premia, è forse troppo internazionale e nell'immaginario poopolare penalizza il senso identitario che comunque è forte. E' un popolo che ha vissute più colonizzazioni quello tunisino e che la dittatura Ben Ali ha sradicato nuovamente dalla tradizione, dalla religione e ha saldato con la connivenza del nord del Mediterraneo. Era prevedibile un ritorno alla propria storia. Inoltre forse la sinistra ha giocato su quesitoni importanti ma non percepite come essenziali e prioritarie in un momento di crisi, ad esempio la laicità che già imperava in Tunisia e che non ha certo garantito i diritti umani in questi decenni.
Resta il nodo dei finanziamenti come un punto interrogativo: perché partiti messi al bando hanno o non hanno risorse così diverse? Qual è l'origine dei finanziamenti dei quali dispongono alcune formazioni politiche?
Sarei curiosa di sapere che posizione hanno veramente gli Stati Uniti e l'Arabia Saudita, insomma che cosa immaginano per quell'area le potenze economiche che da sempre hanno un'ingerenza in quei territori?
Un altro aspetto interessante e curiosa è lo scollamento tra la percezione del voto, la sensazione della piazza e la realà delle urne. Le dichiarazioni di voto dell'estate - ho passato tre settimane a Tunisi a chiedere a chiunque incontrassi, dal tassista, al cameriere, al librario, alle persone più varie le loro intenzioni - non hanno riscontro in questo risultato.
Il Chiasmo delle idee nasce come un piccolo laboratorio artigianale di pensiero con l'idea che la creatività è l'incontro di un viaggio interiore che attinge all'esterno.
mercoledì 26 ottobre 2011
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