Il Chiasmo delle idee nasce come un piccolo laboratorio artigianale di pensiero con l'idea che la creatività è l'incontro di un viaggio interiore che attinge all'esterno.
giovedì 8 marzo 2012
Quinto appuntamento con Roberta Conigliaro
…entrando nel mondo della rappresentazione e dell’arte
Facciamo una tappa fuori dal palcoscenico per incontrare un altro tipo di rappresentazione, la scultura
Ho conosciuto Roberta Conigliaro, poco più di anno fa, a Roma, in occasione di una sua mostra, all’interno di un evento al quale io ero stata invitata. Le sue donne avvolte nei drappeggi, velate e morbide mi hanno colpito fin da subito per l’associazione con tante immagini impresse nei miei occhi da frequentatrice del mondo arabo e perché quei volti, incarnavano, senza saperlo, alcuni dei miei racconti. Ho deciso di seguire quelle creature e provare con discrezione a sollevare il velo…fino a dare loro appuntamento per parlare di maternità…
Non mi sono immaginata mamma. Nelle mie fantasie di bambina dicevo che da grande avrei voluto fare la zia e sono stata accontentata, da quattro nipoti. E in ogni caso li avrei voluti adottare. La mia posizione non è cambiata nel tempo anche se ho fatto i conti con questa idea. Oggi mi sono rimessa in discussione, anche se non mi sono mai sentita adatta in questo ruolo. Credo infatti che possa essere mamma solo al cento per cento e io non mi sarei mai perdonata una ‘sottrazione’; allo stesso tempo però, non so se sarei stata e sarei pronta a questa abnegazione. Oltre tutto la dedizione a un figlio è in qualche modo l’abbandono all’ignoto nel senso che è altro da sé ma totalmente legato al sé e ingovernabile anche se l’istinto di proiezione e controllo è inevitabile. Forse con l’arte ho sublimato la maternità, dando vita a creature, prevalentemente al femminile, anche se di materia dura… non direi però inerte.
Perché la scelta di questo soggetto? In generale figurativo, essere umano e donna?
Sono stata guidata. Non saprei dirlo. In qualche modo sono mie creature e in generale ho sempre avuto una forte attrazione per l’altro, una fascinazione soprattutto per le vite molto diverse da me. Anche la mia professione, prima di dedicarmi alla scultura a tempo pieno, testimoni quest’attenzione.
Forse prevale il desiderio di spaziare, conoscere e sostenere che di accoglienza in modo esclusivo?
Certamente quando si alleva qualcuno, si restringe l’obiettivo per concentrarsi su un percorso di costruzione. Probabilmente ho bisogno di conservare un margine di libertà e questo mi accade anche nel lavoro. Non riesco a creare su commissione; posso invece realizzare qualcosa a partire dalle mie opere se qualcuno le desidera magari con una variante. Non faccio mai copie infatti. Dalle mie opere desidero essere rappresentata anche per il modo con il quale nascono. In ogni caso ho con le mie figure un rapporto viscerale, quasi materno e per anni non sono riuscita a venderle.
E’ dunque arrivato il momento di fare un passo indietro: com’è nata la tua voglia di scolpire?
Per caso. In famiglia non c’era nessun creativo né vivevo in un ambiente artistico e non ho avuto una formazione ad hoc. Solo che negli ultimi anni universitari, ho ripreso la matita in mano e ho ricominciato a disegnare, che era una cosa che mi piaceva fin da bambina. Ed è stato il momento in cui ho cominciato ad appassionarmi alla fotografia. Dopo anni di studio ho sentito il bisogno di accedere ad una creatività manuale. Una volta espresso questo desiderio, mi è stata regalata della creta, che non avevo mai visto, né avevo idea di come si lavorasse. Con una naturalezza sorprendente è uscita una figura, ispirata a un mio disegno. E così sono partita. A lungo sono rimasta meravigliata di questa mia capacità, della quale non mi rendevo conto fino in fondo. Ho scoperto una dote in me che ho sentito come un dono al quale essere riconoscente e del quale mi sentivo responsabile. Non potevo ignorarlo. Il percorso è stato graduale anche perché la mia attività precedente si stava esaurendo…
Di cosa ti occupavi?
Sono laureata in psicologia, a’ La Sapienza di Roma, e dopo un tirocinio di un anno al San Giacomo alle emergenze per il ricovero psichiatrico, ho lavorato sei anni in una comunità di recupero per pazienti psicotici. L’altro ha sempre rappresentato il centro del mio interesse, come dicevo poco fa.
Hai seguito anche una formazione ad hoc successivamente, per la tua vita artistica?
Ho frequentato dei corsi estivi a Carrara, dove sono andata spesso. E’ stata un’esperienza molto importante per me, cresciuta al punto che due lavori non erano più compatibili ed era arrivato il momento di scegliere.
L’ultimo lavoro?
Negli ultimi due-tre mesi ho partecipato a fiere d’arte e la scorsa estate ho realizzato una personale sul tema del “Sud” nella mia città natale, Siracusa.
Il tema delle donne del sud è dominante nella tua produzione, solo che questa volta è stato dato un titolo come una vidimazione.
Sono stata sempre affascinata dalla cultura del Mediterraneo che credo una grande matrice comune; ora sto assaporando il piacere di affondare nelle mie radici.
Programmi nuovi?
Finora ho lavorato con la materia e le parole in due momenti distinti e successivi, dando un nome, raccontando le opere, una volta nate, con miei versi, frasi, scritti o composti da altri; l’idea è invece di misurarmi su un testo per creare un’immagine a partire dalle emozioni delle parole. Sto lavorando sul testo di una poetessa…
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