mercoledì 27 aprile 2011

Il leone del deserto, il re e la bandiera verde di David Parrini




Il leone del deserto, il re e la bandiera verde
di David Parrini
Sono ispirato e allo stesso tempo scoraggiato di scrivere qualcosa di significativo su un ricco e allo stesso tempo sfortunato paese chiamato Libia. Della Libia sento parlare da quando ero piccolo per il servizio militare di mio nonno durante il Ventennio e sua relativa "diserzione" dovuta a legami di amicizia intessuti con dei berberi; e anche da varie letture e da amici che hanno lavorato a vario titoli in quel meraviglioso "Cassone di Sabbia".
Anche vicende personali legati alle mie frequentazioni dell'Ufficio Popolare della Jamahiria di Roma (l'Ambasciata Libica) mi portano a ricordare questo paese... grandi amicizie con grandi persone come l'ex Consigliere Culturale Idris Tayeb Lamin o semplici conoscenze con persone più che stimate che conoscono bene e amano il mio paese come sua Eccellenza Shalgam... ma ad oggi cosa rimane di tutto questo?
Ricordo lunghe chiacchierate sulla Libia con Idris, che mi hanno "catechizzato" su questo paese.... i racconti sul suo famoso nonno che era il Vice del Leone del Deserto Omar Mukhtar.... ho ancora un vivo ricordo di quando Idris a metà aprile del '98 mi annunciò, con il suo solito sorrisino, che “tra qualche giorno succederà una cosa incredibile”... ricordo tre giorni dopo su tutti i telegiornali del mondo scendere da un aereoplanino monomotore Idris insieme a Sgarbi e Niki Grauso per negoziare la liberazione del capocantiere Sarritzu rimasto a "garanzia" per disguidi sull'attività dell'azienda per cui lavorava in Libia in cambio della loro violazione dell'embargo aereo.
Eppure mi pervade una grande amarezza e una forte preoccupazione per il futuro; per un "ginepraio" tutto sommato annunciato... Chiunque conoscesse quel paese sapeva le incognite del dopo Colonnello; sapeva che la Libia ha un sistema istituzionale a dir poco originale e che i suoi figli sono solo dei giovani viziati e che non possono e non dovrebbero succedere al padre; anche perché non ci sono gli "alvei istituzionali" per accogliergli in quanto lo stesso padre è "tecnicamente" un privato cittadino da parecchi anni.
Quale sarà il loro futuro e il nostro? L'Italia è infatti un paese legato a "doppio filo" con la Libia; del resto quando togliemmo la regione all'Impero Ottomano ai primi anni del '900 l'entità Libia non esisteva, ma fummo noi, riesumando un antico nome romano, a crearla.
Gheddafi nazionalizzò il petrolio libico lasciando solo all'ENI una bella fetta; l'Italia da quarant'anni conta su questo cespite e su svariate commesse su suolo libico.
Purtroppo l'ostilità di sempre della zona di Bengasi, la Cirenaica, verso la Tripolitania (queste erano le regioni sotto l'Impero Ottomano) è sempre esistita e si è acutizzata dalla presa del potere di Gheddafi; da sempre la Cirenaica si considera trascurata per la Tripolitania e per Tripoli, del resto la Senussia che portò la monarchia rovesciata dal Colonnello era cirenica, il tutto condito e complicato da una forte "balcanizzazione" dovuta alle antiche kabile che da sempre governano localmente la Libia.
Quelli di Bengasi, ma gli fa eco anche il Senatore Pellegrino, dicono che Gheddafi lo abbiamo messo noi italiani per porre la Libia sotto la nostra influenza economica; per questo fatto gli insorti ci faranno pochi "sconti" invece la Senussia era filo-anglosassone... una bella gatta da pelare.
Il cambiamento sarà difficile per tutti e soprattutto doloroso, ma ormai necessario; dobbiamo certamente avere occhio che i "ribelli" non siano "contaminati" da elementi poco "democratici" che nella migliore delle ipotesi potrebbero portare la Libia ad una ingovernabilità...
In questo maledetto "ginepraio" non vorrei che questo paese passasse dalla padella alla brace.

giovedì 14 aprile 2011

Presentazione de' "I giorni del gelsomino" Libreria N'importe Quoi, 13 Aprile 2011


L'autrice con Vittorio Macioce

Edoardo Inglese, l'ideatore di Radiolivres



Vittorio Macioce Il Giornale 

l'attore tunisino Ahmed Hafiène (a sinistra) e Francesca Bellino
Dringa Milito Pagliara, dai trasporti alla poesia
da sinistra Francesca e Beatrice in ricordo degli anni del Censis 
Anna Bucci, una figura simbolo del Censis 
Lucilla Scelba e Giuseppe, gruppo Censis 
Martina Gaucci, la prima da destra, una tappa del viaggio insieme con nuove lettrici



mercoledì 13 aprile 2011

Cinque puntate sul Ramadam

L'Autrice Ilaria Guidantoni - autore delle foto - è una delle voci intervistate nel corso di 5 Puntate dedicate al "Ramadan all'Occidentale" dalla giornalista Francesca Bellino, nell'ambito della Trasmissione Tre soldi, su Radio Rai 3, andate in onda dal 4 al 9 Ottobre 2010, alle 23.30contentId

Ramadam Prima puntata

Ramadam Quinta Puntata

Ramadam quarta puntata

Ramadam terza puntata

Ramadam seconda puntata

martedì 12 aprile 2011


Con Angela Belluscio, Da Roma a Tunisi, andata e ritorno

Il viaggio di una donna…guardando dentro un’altra donna

La tua vita a colori: che importanza dai, e quale significato, ai colori che in “Prima che sia buio” trovano una rappresentazione forte con il bianco e rosso a confronto?
“Qualcuno più famoso di me diceva che il colore è la malattia della luce, ma cogliere la purezza della luce, il bianco assoluto, quale somma di tutti i colori, sia un miraggio, o forse una meta che come il bene assoluto ci deve far da guida sapendo che la distanza che ci separa resterà incolmabile. Nella vita, in senso più spicciolo, ma anche di profondità interiore il colore ha un’importanza molto forte e tra l’altro individua bene il femminile e il maschile, ben al di là dei condizionamenti e degli usi e costumi che comunque raccontano molto di noi. In effetti la convenzione che il grigio sia soprattutto il colore dell’uomo, dell’uomo che lavora, nasce – ma forse non sono in molti a saperlo – perché la visione maschile, scientificamente parlando, consente una messa a fuoco con molte sfumature del grigio decisamente superiore a quello di una donna. Ecco perché per l’uomo, a livello originario, vestirsi in grigio non è monotono e sobrio ma può essere un’esperienza variegata ed interessante. Il viaggio nei colori offre moti spunti legati alla simbologia e alle sovrastrutture come la predilezione dei colori tenui associati ai bambini che li vorrebbero invece caldi e decisi. Venendo a me, il bianco e il rosso – come originariamente avrebbe dovuto titolarsi il libro, anzi Rosso quasi bianco, sono i miei colori preferiti. Il perché l’ho scoperto nel tempo. Sono i due volti della stessa medaglia che colgono il cuore della vita nella loro contraddittorietà. Il bianco è la tendenza all’assoluto, alla purezza, alla distillazione del pensiero, è la linearità, ma anche il vuoto, l’appiattimento della morte (che in Africa infatti è bianca, non nera). Il rosso al contrario è energia pura, passione. Movimento, vita ma anche distruzione, sangue che diventa l’esatto contrario. Non è che nella dialettica del bianco e rosso, degli opposti, che la vita prende la forma armonica, come l’incarnato perfetto di una donna: bianco, candido, puro ma con labbra e guance rosse di salute e passione, come il ritratto scomposto della copertina.”

La maternità: come sentimento e come immaginario. Il colibrì è il baciafiori: una tappa nella civiltà atzeca
“La maternità è un sentimento originario, anzi il sentimento per eccellenza dopo l’affermazione del sé. Il bambino per prima cosa cerca di farsi notare e reclamare i bisogni, impara quindi a parlare e poi diventa ascolto, quindi accoglienza. E’ il sentimento della vita stessa, che è insieme un cammino di conoscenza e donazione, amore, anche qui prima è passione, egocentrismo e poi fusione e apertura all’altro. Un cammino che disegna la crescita dell’io ma anche della coppia. La maternità è il proprio compimento che segna l’uomo nella sua grandezza – un piccolo creatore – ma anche il suo limite: per compiersi deve negarsi nella propria centralità, superarsi e farsi altro. E’ solo il miracolo della vita che per me diventa anche un imperativo morale, non necessariamente come maternità fisica. La maternità è anche immaginario e immaginario collettivo che ha disegnato in gran parte l’evoluzione della civiltà e che io credo troppo spesso sia stata ridotta all’essere donna. Ma la maternità trova solo un albergo nella donna e una prima nutrice, inutile per altro senza il seme maschile. Quello che io scrivo e descrivo nella fiaba allegorica, Un insolito colibrì, rovescia provocatoriamente l’immaginario tradizionale per riaffermarlo più profondamente. La maternità è donna quanto uomo ma è femminile. L’uomo in quanto sviluppa la propria essenza femminile, di ascolto, pazienza, accoglienza, guida, umiltà diventa materno. Nella mitologia atzeca anche se esiste la dea madre, il colibrì è un simbolo di fecondazione certamente ma alieno da qualsiasi simbolo fallico, aggressivo, dominante. E’ un maschile di accoglienza, “baciafiori” è detto e in tal senso la maternità diventa qualcosa di più grande della gravidanza, diventa l’espressione della pienezza della coppia che è la sola all’origine della vita, anche in provetta.”

Il confronto con il femminile nei fatti di Tunisi: perché una donna "sente" e un uomo osserva (o vive!)?
“Nell’avventura o disavventura tunisina, almeno così è stato per me l’inizio della rivoluzione, io mi sono trovata lontana dagli occhi ma vicina con il cuore. Non potevo far altro che sentire; l’altro viveva e osservava perché la rivoluzione in quei giorni era diventata la sua quotidianità. Al di là del contingente credo però che la domanda nasconda una ragione più profonda. Una donna è in grado di sentire, quindi purtroppo di soffrire ma anche di gioire per gli altri, anche se non sperimenta direttamente sulla propria pelle. Forse un uomo è più distratto. O forse dovrei dire che il femminile vive anche di immaginazione mentre il maschile ha bisogno di toccare dal vero per sentire. In quest’avventura in particolare ho sentito la vicinanza non solo del sentimento che lega due persone in una coppia ma anche quello di nutrice che lega un donna ad un figlio e c’è un figlio ovunque un uomo o una donna hanno bisogno di noi e della nostra protezione. In quei giorni avvertivo dall’altra parte del telefono la paura e la preoccupazione perché il cibo scarseggiava che è una paura ancestrale dell’uomo perché mette a repentaglio la sopravvivenza. D’altra parte quest’esperienza mi ha insegnato che sia l’uomo sia la donna hanno in loro stessi entrambi i principi (lo yin e lo yang) ché altrimenti sarebbero estranei e incommensurabili, invece c’è una piccola dose l’uno dell’altro in modo da riconoscersi. Dentro di me accanto alla nutrice, all’amante c’era l’elemento maschile: il coraggio della denuncia, la voglia di lottare e una lettera è diventata un pamphelet giornalistico.”

giovedì 7 aprile 2011

Rai isoradio
19/03/2011
Anche in Cina fioriranno i gelsomini?

a cura di Alessandro Forlani
Oggi tenteremo un'operazione un po' ardita, cioè quella di parlare insieme di Cina e nord-Africa. cercheremo di raccontare in particolare le riforme economiche cinesi degli ultimi anni, la situazione politica cinese e dall'altra parte le non riforme politiche ed economiche del nord-Africa e del medio oriente, che stanno portando alle rivoluzioni che abbiamo visto in Tunisia, Egitto e Libia. Sullo sfondo sarà inevitabile gettare uno sguardo generale alla situazione economica e sociale del resto del mondo. In studio con Alessandro Forlani il giornalista esperto di Asia di RAInews24 Marco Madinelli e Valeria Zanier, ricercatrice dell'università Ca' Foscari di Venezia, ed autrice per Franco Angeli del volume: DAL GRANDE ESPERIMENTO ALLA SOCIETÀ ARMONIOSA Trent'anni di riforme economiche per costruire una nuova Cina.
Il rapporto annuale del World Watch Institute è dedicato nel 2011 al tema della sostenibilità alimentare. Il titolo è Nutrire il pianeta, il testo, edito in Italia dalle Edizioni Ambiente, è curato da Gianfranco Bologna, direttore scientifico del WWF. Intervista con l'autore.
I cinesi sono presenti con le loro infrastrutture e le loro attività economiche anche in medio oriente e nord-Africa, dove stanno avvenendo e sono anche già avvenute delle vere e proprie rivoluzioni.
Sentiamo l'intervista con un grande giornalista americano, che è vissuto fin da piccolo in Libia, dove il padre lavorava nel campo del petrolio, e che poi ha lavorato in medio oriente e nord-Africa come inviato e corrispondente, prima dell'Associated Press e poi del New York Times, quindi degli organi di stampa piu' autorevoli del mondo. Si tratta di Neil MacFarquhar, ora capo dell'ufficio del NYT presso le Nazioni Unite, ed in libreria in Italia per De Agostini con: L'ufficio stampa di Hezbollah ti augura buon compleanno, Incontri inaspettati nel Medio Oriente che cambia.
Le rivolte nordafricane sono partite il 17 dicembre 2010 con il suicidio a Tunisi di un fruttivendolo, a cui le autorità avevano sequestrato la merce. La Tunisia resta ancora in questi giorni un osservatorio privilegiato degli sviluppi democratici di queste rivoluzioni estesesi poi a tanti altri paesi. Sentiamo la giornalista free lance Ilaria Guidantoni, autrice dell'instant book: I giorni del gelsomino, Un reportage interiore della rivoluzione tunisina e un atto di denuncia, P e E edizioni.

La trasmissione può essere riascoltata collegandosi all’indirizzo seguente:
http://www.radio.rai.it/grparlamento/podcast/lista.cfm?id=1853

lunedì 4 aprile 2011

UNA RIVOLUZIONE DELLA DIGNITA’, RESCRITTA AL FEMMINILE. CONFUSIONE ED ENTUSIASMO A DUE MESI DALLA RIVOLUZIONE



Pubblicato su A noi la parola.it nella sezione Arte e cultura del 2 Aprile 2011
http://www.anoilaparola.it/arte-cultura/una-rivoluzione-della-dignita-riscritta-al-femminile

INTERVISTA A SANA BEN ACHOUR*, PRESIDENTE DELL’ASSOCIAZIONE TUNISINA DELLE DONNE DEMOCRATICHE: “PAROLA D’ORDINE: CONTINUARE UNITI”

Due mesi dopo la rivoluzione del gelsomino che ha dato il là al mondo arabo per una sollevazione di massa contro regimi autoritari, ingiustizie sociali ed un’economia fittizia per compiacere l’Occidente ‘che conta’: in Tunisia all’entusiasmo si unisce ora una certa confusione sul futuro immediato e l’apprensione per la crisi economica. Prossima tappa significativa della transizione auspicata verso la democrazie, le prime elezioni libere della Tunisia moderna, il 24 luglio prossimo, per l’indicazione dell’Assemblea Costituente, una scadenza decisamente ravvicinata perché la popolazione abbia il tempo di capire fino in fondo il nuovo panorama politico che cambia di giorno in giorno; mentre la crisi economica, che segue naturalmente ad ogni scombussolamento forte.

Ho avuto il privilegio di incontrare Sana Ben Achour, Presidente de l’Association Tunisienne des Femmes Démocrates et Professore all’Università di Tunisi di Diritto di Stato, una delle persone più rappresentative della società civile tunisina, con un’esperienza consolidata nella questione femminile e femminista. La stampa e l’opinione pubblica italiana ha bollato la rivoluzione tunisina, a dire il vero minimizzata al rango di rivolta, come una rivoluzione del pane ma la mia impressione è che la crisi economica sia stata solo un acceleratore e una causa prossima. Qual è la reale causa di questo sovvertimento? E’ chiaro: la rivoluzione del gelsomino è stata una sollevazione autenticamente popolare e della dignità, come dice la parola araba karaama. Tutti e non solo gli intellettuali sono usciti nelle strade e hanno occupato le piazze chiedendo lavoro, giuste condizioni di impiego, non il pane, almeno non in prima battuta. La richiesta è stata di diventare cittadini e non più sudditi. Certo la disoccupazione crescente – che ha colpito soprattutto i giovani anche con istruzione, spesso umiliandoli in uno stato di assistenzialismo che in Tunisia è molto diffuso, è stato un movente scatenante e un acceleratore. Ma anche la crisi economica, a ben vedere, è stata l’effetto di una crisi politica. Mi spiego: Ben Ali ha creato un sistema di menzogne, corruzione e di apparente benessere di facciata poggiato su un’economia vuota. Malgrado la voce di allarme che ho portato all’attenzione dell’Unione europea in più occasioni, tutto è caduto nel vuoto. L’Europa è restata sorda e ha preferito credere alla realtà del benessere a scopo turistico concentrato nel nord.

Non è un caso d’altronde che uno degli slogan dei manifestanti recitasse “Pane e acqua ma Ben Ali fuori”, come a dire mangeremo pane e acqua pur di avere libertà di espressione e dignità ed in effetti purtroppo la rivoluzione ha un prezzo. In effetti lo sviluppo del Paese si è concentrato, soprattutto negli ultimi anni, nei luoghi frequentati dagli investitori e dai turisti occidentali e, tanto per fare un esempio, in un paese per il quale il calcio è molto importante si sono strapagati i giocatori e costruiti stati con investimenti ingenti come a Tunisi ma si è abbandonata una città come Kairouan, capitale religiosa, lasciandola senza infrastrutture sportive, perché non serviva al megafono del consenso. Oggi il sistema vacilla anche perché la famiglia Trabelsi, quella della moglie dell’ex Presidente, controllava praticamente tutti i settori economici creando attualmente non poche difficoltà nelle esportazioni. A questo punto la sfida è gestire la transizione, come ed evitando quali rischi? Occorre fare attenzione a che la contestazione non prenda il sopravvento diventando essa stessa protagonista ma bloccando così il processo stesso e l’auspicio è che il cambiamento avvenga pacificamente come sembra adesso. In questo senso è fondamentale il lavoro delle associazioni, anche con una mobilitazione internazionale. Infatti la mia parola d’ordine anche nella recente Conferenza che si è tenuta qui a Tunisi e che ha visto riunite le associazioni civili è “Insieme nella rivoluzione, insieme dobbiamo continuare” perché so che è più facile essere uniti nella protesta che restarlo nella costruzione-ricostruzione di un paese. Ma è qui che si gioca il nostro ruolo.

Venendo all’aspetto sociale della transizione democratica certamente la difesa dei diritti senza discriminazioni all’interno della società, a cominciare dalla parità uomo-donna è una priorità. Domenica 12 Marzo, a Tunisi c’è stata un’ importante Conferenza (alla quale faceva cenno) dell’Association Tunisienne des Femmes Démocrates che presiede, dell’Associazione delle Donne Tunisine per la ricerca e lo sviluppo, la Commissione Donne della Lega tunisina per la difesa dei diritti dell’uomo e il Collettivo 95 Maghreb. Qual era l’obiettivo e quale risultato è stato raggiunto? L’argomento era la cittadinanza e l’uguaglianza e la parola d’ordine è stata ‘insieme nella rivoluzione, insieme continueremo’ e questa è una fase fondamentale per non disperdere il patrimonio raccolto durante i giorni della protesta cercando un’adesione più ampia possibile in tutti gli strati della popolazione e in tutte le regioni. Per il momento c’è un programma sul quale lavorare.

Sono state tolte le cosiddette riserve dopo la rivoluzione come annunciato? Non ancora: nei giorni della rivoluzione sono stati chiesti dei diritti, ora occorre trasformare le richieste in legge sia nel diritto di famiglia, sia in termini di vita pubblica. Al di là di quello che appare ai turisti e di alcune conquiste quali il divorzio – che in Tunisia esiste dal 1957 – è l’uomo che resta capo famiglia e fissa il domicilio coniugale rispetto al quale la scelta divergente di una donna può valere l’accusa pesante di ‘devianza’. Sui minori esiste l’obbligo di autorizzazione paterna per qualsiasi cosa, anche banale come partecipare ad una gita scolastica. Anche sull’eredità non c’è un obbligo di divisione in parti uguali e nessuna tutela è offerta alle madri nubili. Lo stesso vale per la richiesta della parità nella vita pubblica anche se non abbiamo chiesto ‘le quote rosa’ perché troppo lontane dalla nostra cultura. La richiesta è non solo un riconoscimento formale ma una costituzionalizzazione con l’inserimento nel preambolo della nuova costituzione della non discriminazione come valore ispirato alla Convenzione di Copenhagen contro le discriminazioni.

Dal punto di vista più politico la sua laicità in politica non lascia dubbi e anche raccogliendo le voci da Tunisi l’avversione ai partiti politici di ispirazione religiosa mi sembra evidente. Davvero bizzarra se si pensa al fatto che costantemente la stampa italiana ci bombarda con un’allerta ‘islamica’ come possibile deriva della rivoluzione. Perché quest’ossessione per la laicità anche da parte di chi si considera credente e praticante? La spiegazione è semplice anche se per un cristiano forse non così immediate. Il fatto è che il Corano è un testo di prescrizioni giuridiche prima che morali così dettagliato che se trasferito nella vita politica può diventare una morsa. Prendiamo il concetto di schiavitù – che è l’esempio che utilizzo anche all’università – che oggi è inaccettabile per qualsiasi sistema di governo eppure è presente nel diritto islamico perché proviene dalla tradizione. Il rischio di applicare la legge islamica alla vita pubblica rischierebbe tra l’altro di non rendere un buon servizio neppure alla nostra religione facendola apparire agli occhi del mondo come una religione inegualitaria. La sfida è di trovare quel fondo di umanità e di principi che possano essere comuni a qualsiasi stato moderno e che ci consenta di dialogare alla pari a livello internazionale.

Ascoltandola una domanda viene spontanea: pensa ad un impegno in prima linea in politica, ad una candidatura? Si, credo che sia l’unico modo per portare fino in fondo il mio impegno e rendermi utile anche se è prematuro, a cominciare dal fatto che ne devo ancora parlare con la mia famiglia. Comunque la risposta è affermativa.

Ilaria Guidantoni

venerdì 1 aprile 2011

Interview à Sana Ben Achour




Deux mois après la revolution, l’enthusiasme se mele à la confusion
Interview à Sana Ben Achour*, Président Association Tunisienne des Femmes Democrates
Une invitation à rester unis

Un mois après ma dernière visite en Tunisie et exactement deux mois après la revolution du jasmin j’étais à Tunis pour essayer de mieux comprendre la transition démocrate du Pays en vers les premières elections libres de la Tunisie moderne. Cette fois ci j’ai pu remarquer, après une certaine ivresse suivie à la fuite du president dechu, Ben Ali, que la joie a rencontré l’engagement d’un côté, la préoccupation d’un autre côté, pour le futur, économique et politique. Il y a en effet une certaine confusion parmi les tunisiens qui ne sont pas suffisement informés sur le processus électorale et qui attendent le proche avenir sans bien savoir ce qu’il faut s’y atteindre. J’ai eu le privilège de rencontrer Sana Ben Achour, Président de l’Association Tunisienne des Femmes Démocrates (ATFD) et Professeur à l’Université de Tunis de Droit, une des personnes plus réprésentatives de la société civile tunisienne et très engagée dans la question de genre face au droit de l’Islam. Le 12 Mars, il y a eu en Tunis une importante Conférence de l’Association Tunisienne des Femmes Démocrates dont vous êtes le President, de l’Association des Femmes Tunisiennes pour le recherche sur le développement, la Commission femme de la Ligue Tunisienne pour la défense des droits de l’homme (LTDH) et du Collectif “Maghreb 95 Egalité”.
Quel était le but de la Conférence et à quel résultat a t’elle abouti? Le sujet était la citoyenneté et l’égalité et le mot d’ordre a été “ensemble dans la révolution, ensemble continuons”, dans le sens qu’il faut consolider la liaison entre les associations qui ont soutenu et qui ont partecipé à la révolution pour ne pas gaspiller les propositions et les idées. Les associations reunies à la Conférence de Tunis sont les seules qui se sont battues contre la dictature et, si elles répresentent la voix feminine et feministe, elles sont au même temps ouvertes à la plus vaste adhésion possible. L’objectif est de donner la plus grande à la partecipation des femmes, d’un côté, à travers une journée portes ouvertes – comme celle du 20 fevrier dernier à Tunis et le 27 fevrier à Sousse; et d’un autre côté, des antennes de l’association dans tout le pays, un echange de reciprocité.
Comment la situation a changé pour la femme avant et après la révolution? Y-a-t’il eu la levée des reserves de la Cedaw? Pas encore, donc le but de ce rassemblement est aussi de relever le défi de la partecipation politique des femmes pour la levée des riserve côté feminin dans la vie publique. Dans la révolution la demande des droits pour les femmes s’est manifesté au niveau publique. Maintenant il faut la reconnaitre dans la loi. Et encore, c’est un programme des relations pour la parité dans la famille selon l’article 16 de la dite Convention: entre epoux car l’homme est toujours le chef de la famille donc il y a l’obligation de domicile conjugal selon les exigences du mari sauf l’accusation pour une femme de ‘deviance’, grave comme vous pouvez imaginer; et encore la question de l’heritage qui n’est pas obligatoirement partagée d’une façon égalitaire entre homme et femme; les mères celibataires qui ne sont pas reconnues au niveau de droits nulle part; et l’obligation pour les mineurs d’avoir l’autorisation paternelle. Mais on demande aussi d’autres choses: l’égalité dans la famille, la parité dans les fonctions publiques même si on n’a pas demandé le quota puisque c’est un concept loin de nôtre culture. Surtout nous exigeons qu’il n’y ait pas seulement une reconnaissance formelle mais qu’on arrive à obtenir, en tant que femmes, la même chance et les mêmes droits de l’homme. La priorité est d’aboutir à la declaration de la citoyenneté dans un bloc de costitutionalité, c’est à dire dans le préambule de la future Constitution pour qu’elle soit reconnue comme une valeur morale, inspirée à la Convention de Copenhagen contre les discriminations.
Quel a été le rôle des femmes pendant les jours de la révolution, même au niveau de communication? Nous avons joué le même rôle autant que les hommes, c’est à dire, presentes tout le temps, du début de l’eclat des desordres et dans toutes les régions, même dans le sit-in à la Casbah 1 et 2 et à partir du 2008 a Gafsa quand on a compris qu’il fallait réagir. C’est après les élections du 2009 qu’on a pris conscience qu’en Tunisie il y avait un régime et qu’il n’allait pas durer tout au contraire le gouvernement de Ben Ali a été ecrasé comme un chateau de cartes.
Et bien, à propos de la révolution tunisienne, quelles ont étés les causes réelles? La presse italienne a parlé d’une révolution du pain et de la faim mais je suis convaincue que la crise économique a été seulement la cause plus proche, n’est-pas? C’est clair: la revolution du jasmin n’est pas une revolution de la faim, plutot de la dignité et bien sur populaire. Le mot arabe est karaama, dignité justement. Tout le monde, non seulement les intellectuels, est sorti dans les rues et les places en demandant du travail – mais pas du pain, bien entendu qu’on en a besoin – et de plus être considerés come des sujets mais comme des citoyens: Le chomage a été une cause de la revolution parce que le chomage qui a frappé les jeunes, même ces qu’ils sont cultivés, a humilié le peuple. D’abord il y a été une crise politique car Ben Ali a crée un systeme de mensonges, de corruption et d’apparence qui a réalisée une économie vidée des contenus. Même si on l’a crié à l’Union européenne, l’Europe est restée sourde et aveugle en choisissant de lire la Tunisie à travers le Nord du Pays, le miroir de l’illusion, le bien être des lieux touristiques parce que s’était plus facile à gérer.
Et maintenant, comment doit-on gérer la transition? Quel sont les risques à éviter? Il faut faire attention à la contestation pour qu’elle ne devienne pas si importante au point de bloquer le même processus et on éspère que soit un chemin de paix. Dans ce sens il y a très important le travail des associations.
La première écheance est figée au 24 juillet: il y aura l’élection de l’Assemblée Constituante mais la majorité des tunisiens pense qu’il y aura même l’élection du nouveau président de la République. Et entretemps les partis politiques se multiplient jours après jours: de huit qu’ils étaient avant la révolution ils sont déjà 32 ou plutôt 35 mais on pense qu’ils puissent arriver à être 70 ou encore plus. Qu’est-ce qu’il s’est passé? Au mois de juillet il y aura seulement l’élection de l’Assemblée Constituante et probablement la nomination d’un nouveau Président provisoire qu’il soit legitimisé par une election démocratique. Mais il faut faire des étapes. Si la plus part des gens n’a pas réellement compris les étapes, ceci est à cause de la nouveauté de la situation qui marche à haute vitesse et à l’incertitude qu’on voit bien du fait que chaque jours surgissent de nouevaux partis politiques. A ce moment là la population a besoin de s’exprimer mais je pense qu’il y aura une selection naturelle: beacoup d’eux, ils irons disparaitre vite et se reunissant en coalitions. Ce que je souhaite est que le panorama politique soit lisible pour les électeurs grace à trois grandes coalitions, de droite, de centre et de gauche.
Qu’est ce que vous attendez de la part de l’Europe? Les pays de la Mediterranée peuvent jouer un rôle dans ce passage difficile ou ils peuvent tout simplement offrir un soutien économique et logistique? Vous êtes dessue des declarations des Gouvernements et de la presse internationale? J’ai toujours pensé, en tant que militant, que s’il y a quelques choses à costruire ensemble, c’est à travers la société civile. De la part des gouvernements je n’attends rien de rien.
Et au niveau d’un soutien économique et financier? Une possibilité serait d’effacer la dette de la Tunisie et ceci non seulement pour ne pas payer ce qu’il faut mais parce que cela a permis à Ben Ali de s’enrichir. Je crois plutot qu’on pourrer transformer la dette tunisienne en investissements pour les etrangers, pour améliorer le Pays et pour donner des chances aux tunisiens dans leur propre pays.
A propos de l’émigration qu’est ce que vous voulez dire à l’Italie en particulier, à l’Europe en general? Je en veux à l’Europe qui a bati une réalité sans frontiére mais seulement entre les européens. Je pense que dans une société moderne, l’émigration choisie est scandaleuse et ne frappe pas le vrai problème, l’émigration clandestine qui doit etre bloquée.
Mais qui sont les migrants? Il y a un peu de tout: la plus part sont des gens qui ont perdu leur travail dans ce moment de crise; quelques uns qui démandent l’état de réfugiés – mais très peu par rapport au nombre des personnes qui arrivent en Europe; et encore il y a le problème des personnes qui ont pris la fuite des prisons et qui doivent subir un process regulier selon le cours de la justice.
Il y a une chose qui me frappe beaucoup des vos declarations comme des opinions des gens que j’ai recueilli pendant ces jours à Tunis: le drapeau de la laicité comme priorité. Mais pourquoi vous avez si peur de la religion, surtout en voyant que la laicité n’est pas garantie de démocratie, comme vous avez pu apprecier pendant vingt ans de Ben Ali? L’opposition à toute participation de la religion à la vie politique est due au fait que l’Islam est fait des prescriptions juridiques plutôt que morales dans le sens que vous entendez la religion. Je vais vous l’expliquer en utilisant le même exemple que j’ai employé face à mes élèves: prenons le concept d’esclavage que aujourdh’ui est intolerable pour toute le monde. Et pourtant il existe dans le droit musulman parce-que il est lié à la tradition mais si on traduit la loi divine dans la loi juridique on met une source d’inégalité dans la société et au même temps on rend un mauvais service à la religion. L’Islam n’est pas injuste, non plus, mais il est resté figé à la tradition qui ne peut pas être appliqué tout court à une démocratie moderne. Le défi est de trouver un langague universelle qui atteind au fond des valeurs de l’humanité. Le sufisme, qui vit de la separation entre l’histoire et le ciel nous dit que “le comble de la saintété c’est la laicité”.
Et enfin, la question que chaque journaliste face à une personalité de culture et engagée dans le domaine social voudrait poser: vous pensez à un votre engagement en politique? Sans doute je crois que c’est la voie pour que dans ce moment je puisse être utile à mon pays, meme s’il est primordial parce que je dois en parler avec ma famille.
* Maître de conférences agrégée en droit public à la Faculté des sciences juridiques politiques et sociales de Tunis et Docteur agrégée en droit d'Etat (1986, Faculté des Sciences juridiques politiques et sociales. L'Ariana,Tunisie), elle a accumulé une expérience de plus de vingt ans dans le domaine de l'enseignement juridique et de la recherche scientifique en droit. Elle est confirmée dans sa carrière universitaire que couronnent, en 1996, un doctorat d'Etat en droit avec une thèse en histoire du droit intitulée “Aux sources du droit moderne tunisien : la législation tunisienne en période colonial” et, la même année, l'Agrégation en droit public. Elle participe à la vie universitaire par des contributions qui couvrent l’urbanisme et le droit du patrimoine culturel immobilier; l'histoire du droit de la Tunisie en période colonial; la condition juridique des femmes en pays d'islam; la question démocratique et des libertés publiques dans l'aire maghrébine, arabe et musulmane. Engagée dans le champ associatif pour l'égalité et la citoyenneté, milite au sein de l'Association tunisienne des femmes démocrates, de l'Association des femmes universitaires pour la recherche et le développement, et du collectif maghrébin "Maghreb 95 Egalité".

Presentazione di "Tunisi, taxi di sola andata", 16 maggio 2012, libreria N'Importe Quoi, Roma

Presentazione di "Tunisi, taxi di sola andata", 16 maggio 2012, libreria N'Importe Quoi, Roma
Ilaria Guidantoni insieme all'attore teatrale Giuseppe Bisogno, che ha curato le letture, e al musicista Edoardo Inglese, autore di una selezione di brani musicali

"Tunisi, taxi di sola andata" a Milano, 19 aprile 2012

"Tunisi, taxi di sola andata" a Milano, 19 aprile 2012
Presentazione di "Tunisi, taxi di sola andata a Milano", libreria Milano Libri. Insieme all'autrice, Ilaria Guidantoni, il presidente del Touring Club Italiano, Franco Iseppi, e Laura Silvia Battaglia, inviata esteri di Avvenire. Letture a cura dell'attore Michele Mariniello

Presentazione di "Tunisi, taxi di sola andata", libreria N'Importe Quoi di Roma, 13 aprile 2012

Presentazione di "Tunisi, taxi di sola andata", libreria N'Importe Quoi di Roma, 13 aprile 2012
Ilaria Guidantoni ospite di RADIOLIVRES, con Vittorio Macioce, caporedattore de' Il Giornale, ed Edoardo Inglese,"musicante", in una serata di parole e musica

Presentazione di "Tunisi, taxi di sola andata" presso il Rotary Club di Marina di Massa, 29 marzo

Presentazione di "Tunisi, taxi di sola andata" presso il Rotary Club di Marina di Massa, 29 marzo
L'autrice tra Lorenzo Veroli, il Segretario del Club e Chiara Ercolino

Presentazione di "Tunisi, taxi di sola andata" presso la libreria Griot di Roma, 28 marzo 2012

Presentazione di "Tunisi, taxi di sola andata" presso la libreria Griot di Roma, 28 marzo 2012

Presentazione "Tunisi, taxi di sola andata", Roma, Sala stampa Camera dei Deputati, 28 marzo 2012

Presentazione "Tunisi, taxi di sola andata", Roma, Sala stampa Camera dei Deputati, 28 marzo 2012
Insieme all'autrice, Ilaria Guidantoni, l'on. Elisabetta Zamparutti (Radicali Italiani) e il giornalista tunisino Salah Methnani, inviato di Rainews24

Giovedi 1° marzo 2012, alla Centrale Montemartini di Roma, dalle ore 18.30 presentazione di "365D"

Giovedi 1° marzo 2012, alla Centrale Montemartini di Roma, dalle ore 18.30 presentazione di "365D"
Marzia Messina, ideatrice del progetto e realizzatrice per "Prima che sia buio" della foto dell'autrice

Il fotografo di 365D Sham Hinchey

Il 29 agosto di 365D

Con Raffaella Fiorito, mia vicina di calendario

Presentazione di "Prima che sia Buio", Galleria d'arte Barbara Paci, Pietrasanta, 16 Luglio 2011

Presentazione di "Prima che sia Buio", Galleria d'arte Barbara Paci, Pietrasanta, 16 Luglio 2011

Metti una sera d'estate, prima che sia buio...

"Prima che sia buio" incontra l'arte alla Galleria Barbara Paci di Pietrasanta

Ilaria Guidantoni e Barbara Paci

La scrittrice con i genitori

La scrittrice tra Daniela Argentero e Barbara Paci

La scrittrice tra gli amici

Leggendo "I giorni del gelsomino" con il pittore Agostino Rocco

Leggendo "Colibrì"

L'autrice con Agostino Rocco

A Jorio, dedicato a Pistoia, alla Toscana e a una città d'arte

Tra Firenze e Pistoia

Con il pittore Agostino Rocco tra parole e immagini