martedì 17 gennaio 2012

TOPO DI BORDO


di Lavinia Collodel

Squit è un topo di bordo. Ne esistono, eccome se ne esistono. Soprattutto in campagna. Campagna? Cosa ci fa una barca in campagna? Beh, si trova in mezzo alla campagna quando è ferma sul canale di un fiume, che poi sbocca nel mare, ma intanto è campagna.
La vita è più dolce qui, come l’acqua. Il vento arriva smorzato dagli alberi, quelli veri e quelli finti. E le barche attraccano non a un molo, ma a una sponda d’erba. Ci sono fiori, api, sassi, formiche, e anche topi. Topi che salgono e scendono dalle cime d’ormeggio di motoscafi, gommoni, rimorchiatori e barche a vela. Squit ha scelto una barca a vela, la Fabulosa. E’ un perfetto riparo, pieno di anfratti, possibili tane e nascondigli. Per molti mesi l’anno, d’inverno, è suppergiù abbandonata, una vera pacchia. Il proprietario, di cui Squit non riesce a scoprire il nome - per via della sua indole solitaria, che lo porta ad avere poca gente intorno che lo chiami - è un brav’uomo. Da uomo qual è, però, ogni tanto lascia qualche trappola sparsa sul ponte, nella sala macchine e in cucina, la dinette. Ma Squit è attento. Purtroppo per lui, quando in giro c’è profumo di formaggio, c’è aria di pericolo. Ha perso tutta la famiglia a terra, nel cantiere navale qui accanto, per avvelenamento da ratticida. Una tragedia evitabile, se sua madre e i suoi fratelli non si fossero accaniti a rosicchiare bustine di una non identificabile sostanza in apparenza appetitosa. Ma letale. Per cui Squit in un primo momento è diventato giustamente sospettoso di ogni cosa, riuscendo poi a tramutare con il tempo questa apprensione in una più equilibrata attenzione.
Guarda il formaggio, mette a fuoco la trappola, e finisce per rosicchiarsi solo le unghie.
Un bel sabato caldo di primavera, Squit si sveglia con l’acquolina in bocca. C’è qualcosa nascosto sottocoperta, sicuramente. Fruga nella dispensa, nelle cabine, di qua, di là, fino a trovarlo, per le scale. Anzi, trovarle. Otto magnifiche fette di caciotta ingabbiate, una per ogni gradino, che lo stordiscono come un richiamo di sirena. L’allarme di pericolo risveglia fulmineo il suo cervelletto da topo, che si rimette in funzione per escogitare, questa volta, una tattica di attacco. Il topo contro le trappole, il topo contro se stesso.
Giorno 1. Scatti a brevi distanze. Lungo il corridorio, derapata su parete, sopra i materassi.
Giorno 2. Serie di flessioni.
Giorno 3. Stretching e yoga. Allungamento e meditazione.
Giorno 4. Esercizi meno rigorosi di apertura e chiusura rapide delle zampette.
Giorno 5. Pronto all’attacco.
Il primo tentativo fallisce miseramente con una bella frustata sulla zampetta destra, da parte del diabolico marchingegno. Seguono minuti di squittii strazianti.
Secondo gradino: ancora dolorante, la zampetta maldestra lascia trappola e caciotta per terra, senza successo.
Terzo tentativo: un salto troppo pesante fa muovere il meccanismo che scatta imprigionando irrevocabilmente la caciotta.
Squit si ferma, prende fiato come se dovesse prepararsi a una nuotata in apnea, e parte all’impazzata. Sale furioso il quarto, il quinto, il sesto, il settimo, l’ottavo gradino, e si ritrova in cima con le cinque fette in braccio. Non ha neanche dato il tempo alle trappole di attivarsi. Cinque a tre per Squit, vittoria.
Sgattaiola nella parte anteriore della barca, nella cabina di prua, dove si trova la sacca che contiene randa e fiocco, protetti nella stagione in cui la barca non utilizza le vele. Ci si intrufola, entra ed esce tra le pieghe delle vele fino a trovarne una bella larga e accogliente. La tasta, ci salta un po’ sopra, ne testa la comodità. Apparecchia con cura il banchetto con il lauto bottino e, sorridendo, sgranocchia alla salute del suo brav’uomo. Barca dolce barca.
E’ l’inizio di una nuova vita per Squit. Più sicura, con futuro. Mette su qualche grammo e una notevole pancetta da topo soddisfatto, ma continua la sua ginnastica già sperimentata, aggiungendo di tanto in tanto alcuni esercizi. Il suo preferito è correre a più non posso sull’albero maestro. L’altezza sulla punta dà una sensazione indescrivibile, sembra di dominare tutta la Fabulosa, e le barche vicine, fino all’altra sponda del canale, quella opposta alla sua. In realtà stare lassù ha anche un fine, per così dire, pratico. E’ la sua vedetta, il punto d’avvistamento per scrutare l’orizzonte non solo per il suo appagamento estatico. Da lassù impara a controllare che altri topi non salgano a bordo. Vuole difendere la sua barca. Se un altro topo salisse si creerebbe confusione, ci sarebbero maggiori segnali dell’intrusione: Squit sa che non ci può essere un altro topo accorto e pulito come lui. Un altro topo non si curerebbe di tenere in ordine la dispensa, dopo un piccolo furto necessario alla sopravvivenza. I topi, di solito, rovistano nella dinette, spostano e fanno cadere quello che non serve, aprono tutto l’apribile senza rigore logico, assaggiano questo e quello indifferentemente e alla rinfusa, senza pensare al domani. Invece Squit, volendoci pensare - al domani - e volendo rimanere, sulla Fabulosa, sa che c’è il tempo giusto per ogni cosa, e soprattutto, che c’è tempo. Oggi, ad esempio, intende provare ad aprire una bustina che sta nel terzo sportello sopra il lavandino. Sopra c’è scritto: s-e-m-i-d-i-s-e-s-a-m-o. Non ha la più pallida idea di cosa siano, ma sembrano invitanti. Fino ad ora ha usato questa bustina solo come divano. Stesa orizzontale prende perfettamente la sagoma del corpo, se steso a sua volta sopra di essa. Si fanno pisolini da sogno. Squit la prova per un’ultima volta, si stiracchia, poi decide di procedere. Con disinvoltura mette la bustina in posizione verticale: è alta quanto lui eretto sulle zampe posteriori. Bene. E’ chiusa da un filo di ferro. Non intende rosicchiare la plastica per non lasciare tracce del suo passaggio lì, dunque inizia l’arduo compito di sciogliere i nodini uno a uno. Libera! La busta è aperta. Semini deliziosi al tatto, fragranti all’olfatto, e di gusto prelibato. Starebbero meglio accoppiati con un’altra cosa, che potrebbe essere la sua riserva di caciotta. Si riempie le guance di semini, cercando di non ingoiarli, per portarli nella piega della vela.
Nella ormai adottata sala da pranzo, Squit sputacchia tutti semini facendone un mucchietto. Poi ne prende uno per volta, e lo affonda in una fetta di caciotta. Gli scappano un po’ di briciole di formaggio tutto intorno, ma è troppo impegnato sul risultato della sua creazione per curarsene. La caciotta pare abbia il morbillo, bianca a puntini marroni, ma è una vera meraviglia, pronta per il primo morso. A cui ne seguono tanti altri, finché la caciotta sparisce completamente. Sembra una magia, ma è solo opera di Squit.
Passano i giorni, forse un mese intero, e Squit vive indisturbato nella Fabulosa. Ormai la caciotta è finita da un pezzo, ma la sala da pranzo nelle vele continua a essere la tana preferita dove consumare bottini. Ha assunto l’odore caratteristico di topo, chiuso, formaggio e avanzi vari. Ma sicuramente non di escrementi. Cacca e pipì sono banditi dalla sala da pranzo e da qualunque altra parte della barca. Non che non li faccia, naturalmente. Ha solo adottato una maniera pulita per non lasciare le solite pericolose tracce di topo. Ha sentito dire che ci sono gatti che riescono a stare sulla tazza del water, quando viveva nel cantiere. Leggende metropolitane o meno, Squit una volta ci ha provato con inevitabile insuccesso. Aggrappato con forza alla tazza, sedere sporgente nel water, per la fatica non gli è uscito nulla e, allo stremo delle forze, è caduto giù, nel buco. Fortunatamente in barca non è come in una casa normale: nel water non c’è acqua, il buco è otturato, e si apre solo manualmente. La soluzione trovata, dunque, risulta più semplice, ma in ogni caso richiede una buona dose di cautela. E’ un po’ fastidiosa nel freddo dell’inverno, e nelle giornate di pioggia. La carena della barca ha vari oblò, tutti con un comodo bordino su cui sedersi. Scegliendo poi gli oblò che guardano il centro del fiume, anziché quelli che danno sulla sponda, l’operazione sembra più sicura alla larga da occhi indiscreti. Da lontano, chi si accorgerebbe mai che un topo sta facendo i suoi bisognini da un oblò? Così dunque, il fattore pulizia è protetto, e il brav’uomo proprietario della Fabulosa non ha di che lamentarsi. In fin dei conti un topo a bordo può essere fastidioso per i regalini abbandonati, ma se questi non vengono trovati, non deve esserci di che preoccuparsi.
In effetti, il brav’uomo si è accorto da tempo che qualcuno o qualcosa prende la sua barca come rifugio, o supermercato. Ma senza tracce, senza prove, non sa chi incolpare e come sbatterlo fuori. Preferisce vivere tranquillamente senza troppe preoccupazioni, finché la cosa rimane sotto controllo, o meglio, fino a quando non sopraggiungano dei problemi.
Il brav’uomo si chiama Salvatò. Squit l’ha scoperto oggi, bella giornata di sole, ideale per le manutenzioni ordinarie e straordinarie in preparazione alla partenza estiva. Il brav’uomo si è portato a bordo un tecnico, per un controllo alle apparecchiature di navigazione, il quale lo chiama spesso per nome: “Salvatò guarda qui, non s’accende”; “Salvatò è tutto sballato”; “Salvatò il preventivo sale”; “Salvatò qua, Salvatò là…”. Insomma, Salvatò. Per Squit, il suo salvatore, che gli ha dato un tetto, cibo, calore, anche se inconsapevolmente.
Purtroppo, più si avvicina la stagione estiva, più Salvatò fa irruzioni frequenti. Rimane in barca anche la notte, ci dorme. Squit in un primo momento è spaventato, anzi terrorizzato da questa novità. Prova a continuare la sua vita di sempre, con le sue abitudini di corsette, esplorazioni e passeggiate. Ad un certo punto si sente costretto a smettere, la situazione è sempre più pericolosa. Si rintana nella sua vela, portando un po’ di provviste, deciso a non uscire finché non torna il silenzio. L’attesa è noiosissima e più lunga del previsto. Il cibo scarseggia. Per non finirlo tutto, Squit decide di allentare la fame rosicchiando le vele. Sono resistenti ai suoi denti, e non è subito facile l’impresa, poi lentamente inizia a essere divertente. Comincia con un buco piccolo, poi uno più grande, e ritrova una briciola di caciotta, un po’ ammuffita ma sempre appetitosa. Pausa pranzo e riposino. Poi inizia a scavare un tunnel tra una piega e l’altra, disegnando un labirinto perfetto, comprensivo di vicoli ciechi. Fa finta di dover scappare tra le aperture fatte da lui stesso; subito dopo è lui a dover cercare qualcuno, ma la frustrazione di non trovare effettivamente nessuno fa finire il gioco molto presto.
Più passa il tempo più inizia a sentirsi in prigione, invece che in un rifugio. Ma pazienta, dormendo tanto, sognando altrettanto. Ad un certo punto deve smettere anche di dormire. Poco fa si è svegliato di soprassalto per aver sentito degli squittii, i suoi stessi squittii emessi durante un sogno che neanche riesce a ricordare.

Ed ecco la catastrofe. A bordo, oltre a Salvatò, ci devono essere altri due o tre uomini, si sente un gran vociare. Passi pesanti sottocoperta. Direzione: cabina di prua, la sua. Squit comincia a tremare, paralizzato. Non fa in tempo a saltare fuori della sacca con le vele, che questa viene sollevata e portata faticosamente di sopra. Poggiata a terra, per Squit sembra non esserci via di scampo senza farsi notare. Ecco che un’altra voce proveniente da sotto richiama tutti per un caffè. Squit è sospettoso, inizia a pensare che sia un tranello, una trappola per fargli assaporare un’ingannevole salvezza. Tenta ugualmente. Fulmineo si mette allo scoperto, a lunghi balzi attraversa il ponte, trova una cima d’ormeggio e tocca finalmente terra. Si nasconde sotto un cespuglio, non si sente troppo al sicuro, ma riesce a vedere una scena che si ricorderà per tutta la vita. I quattro uomini, ritornati alla sacca delle vele, estraggono la randa, la vela più grande, la aprono e la sollevano per armare la barca. La vela è un’opera d’arte astratta con buchi di infinite grandezze, linee di diversi spessori, parti intatte che danno ritmo e pausa alle parti lavorate. Una meraviglia. Naturalmente questo è il pensiero di Squit. Di Salvatò si sente solo l’urlo disperato: “Lo sapevo che c’era un sorcio malefico!”. Poi sviene.
Squit, da topo intelligente qual è, a questo punto capisce che non c’è più spazio per lui nella Fabulosa, e con una certa urgenza cerca la sua àncora di salvezza. La trova in una piccola barca – a motore, questa volta – dal nome Queso y amor. Formaggio e amore: promette bene.

L'immagine è di Alessia Cervini

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