martedì 24 gennaio 2012

AUTORITRATTO A POIS


di Lavinia Collodel


Questa è la mia versione dei fatti.
PincoPallo books&beer. Interno. Sera]
Non vedo Vale da un mese, abbiamo arretrati da raccontarci.
Entro e noto una figura seria, mobile, lievemente scura.
Sono in ritardo, per le ultime email, e non ho ancora staccato il cervello dal lavoro. Ringhio un po’. Ma Vale me lo stacca in un secondo, basta ordinare due birre, Menabrea, buona.
Stiamo fitte fitte a chiacchierare, ci districhiamo in un sottobosco di aneddoti frivoli, idee, discorsi seri, sogni. Bello.
Ci siamo io, lei, il tavolino rotondo, i lupini, i semi di zucca, i taralli. Stop.
(Bugia).
Ci siamo io, lei, il tavolino rotondo, i lupini, i semi di zucca, i taralli, due birre, e figura-seria. Ma provo a non farci caso.
“Carino il posto, non ci vengo da un po’”. E anche figura-seria e i suoi occhi mi trapassano, forse guardano qualcosa dietro di me. O forse no.
Imbarazzo.
“A uomini come stai messa?” Eccola Vale, che mi sgama sempre.
“Ci sei uscita con quel tipo poi?” Intigna.
“No, nulla, F4”. Basita.
“E di questo qui dietro che ti sta guardando cosa ne pensi?”
“Maccheddìci?!” Viola, forse a pois, mi nascondo dietro la sua testa riccia, impresa ardua visto il metro e cinquantacinque di Vale, contro i miei ben sei centimetri in più. Mi spalmo sul tavolino. “Non l’ho visto bene”. (Bugia).
Fame chiama Torta con i Pinoli. Non quella dolce della nonna, ma una salata, buona, che mangio sempre quando vengo qui. Il ragazzo al bancone mi spiega l’interno, lo conosco l’interno, e anche lui, di vista, ma non mi ha riconosciuto, saranno i capelli stracorti che mi sono fatta. Accanto c’è figura-seria. Mi nascondo dietro i capelli corti.
Questa è la serata mia e di Vale, per cose nostre, niente intrusioni. Alzo muri e apro feritoie per guardarci attraverso. Peculiar.
Figura-seria si accende e si spegne in diversi punti della stanza, chiacchiera qua e là, è del posto. E io dentro, dietro, sotto il mio caschetto protettivo. Imbécil.
“Sigaretta?”
“Sigaretta”.
Una boccata d’aria ci sta tutta. Vale tira fuori l’accendino, me lo sta per passare, e se lo rimette in tasca. Non capisco. Polla.
“Chiedilo a lui”. (Se ne hai il coraggio, aggiungo io).
Figura-seria esce, traffica vagamente con il cellulare, e a me esce un “Che hai da accendere?”, con voce stridula. Ma che storia è questa, mai iniziata una frase con il CHE. Inorridisco di me stessa.
Fa freddo.
Ci risediamo dentro e veniamo interrotte da tre quattro cinque otto dieci marocchini che ci vorrebbero rifilare di tutto, ma ne usciamo vive. Parliamo della nostra sweet La-mou, a cui devono essere fischiate le orecchie visto che ci cerca e ci passa a trovare, Darling.
Noto le gambe di figura-seria che passeggiano avanti e indietro accanto al nostro tavolino. Sta per andarsene, penso. Ma ho una calamita che lo trattiene qui tentennante, rido.
Poi se ne va, non riesco a girarmi, mi si è incriccato il collo, irrigidito il busto, spappolato il cervello.
“Te lo saluto io?” mi chiede Vale e lo saluta.
Andato.
Tanto avevo deciso niente rogne con uomini. Mi sono strarotta i coglioni di tutti i soggetti che ho incontrato ultimamente. Credo al Principe Azzurro? Vale mi dice che sono io una Principessa Azzurra.
Pensiero cosciente: il prossimo è un vigile del fuoco (bello, forte, altruista e senza fronzoli per la testa e ho una comoda caserma dietro casa); o un detective, un commissario di polizia (sveglio, intuitivo, che risolve casi, e magari mi capisce pure, come Scialoja). Ma mai, non sia mai, uno che scrive. Primo perché mi farebbe rosicare a prescindere, secondo perché non potrei sopportare uno a cui parte la capoccia altrove da un momento all’altro, come me.
Questo non lo dico a Vale però. Comunque mi parte il cervello che inizia a vagare su pensieri di giorni, settimane fa, e intanto parlo di altro. Ma sono staccata, non ci sto più. Passo in rassegna i libri alle pareti. Esco a vedere se figura-seria c’è ancora.
Andato.
La-mou riaccende la serata, parla di A/, sono bellini insieme. Poi vede che sto un po’ altrove e mi mette le sue cuffie alle orecchie, Édith Piaf, e quasi mi addormento.
Il resto è veloce. Riaccompagno entrambe a casa, torno da PincoPallo, chiedo a uno dei ragazzi del locale “Cercavo… come si chiama…?” Tentenno. Lo chiedo o non lo chiedo?
“Ah, ecco, Mattotti, Lorenzo Mattotti, avete qualcosa di suo?” Non ce l’ho fatta. Sfoglio un paio di libri suoi e ce li ho pure. Buonanotte e grazie.
Buonanotte un corno. Una puntata di “Romanzo Criminale”, qualche lettura qua e là, e occhi al soffitto. E quando finalmente dormo faccio tre sogni assurdi e mi sveglio alla fine di ognuno. Mi riaddormento e mi sveglia un raggio di luna. Sì, una cosa incredibile. Ho lasciato le persiane accostate, la luna è entrata in una fessura, e mi ha colpito, accecandomi, a occhi chiusi.

[Giorno seguente. Martedì]
Ometto otto ore di lavoro. Testa sulla tastiera per il sonno.
Finalmente fuori. Prima o poi tornerò da PincoPallo, sono curiosa.
Mi incammino verso la fermata del 3, oggi sono a piedi. Ma ‘sti due piccoli paraculi cambiano strada a mia insaputa e mi ritrovo di fronte a PincoPallo books&beer. E mò? Odio il mò romano, ma qui ci sta tutto.
Fortuna che non ci sono gli stessi ragazzi che lavoravano ieri.
Cerco di capire cosa fare. E ho sonno. I piedi decidono e si parcheggiano sotto una sedia.
Sono ufficialmente seduta da sola in un locale senza saperne il perché.
Bevo una free press intera leggendo una birra.
Poi cerco un libro. E mi trovo tra le mani Antonio Pascale, non lui in persona. “Non è per cattiveria. Confessioni di un viaggiatore pigro”. Lo giro ed è presentato così, prime righe: “sono un uomo da pausa, non da arrivo”. Perfetto, mi ci vuole proprio una pausa. Lo compro.
Mi risiedo al tavolo e vengo catapultata in Molise.
“Bene, così non penso”, penso. Un po’ come Mannarino quando dice “trova un’altra scusa, scusa”.
Parentesi. Torno un attimo indietro. Ho chiesto alla ragazza alla cassa com’è il libro. A lei piace. Ciò mi rassicura. Mi esce di chiederle quanti anni ha questo Pascale. Questa cosa dell’età a volte mi ossessiona. Tipo: quanti anni aveva tizio quando ha fatto il suo primo capolavoro, o quando quel tale ha fatto la sua prima personale, o un musicista il primo concerto serio, o uno scrittore vinto un concorso valido. Beati loro. Torno a Pascale. Ne ha 46, dice un tipo da un tavolino. Bene, è più grande di me, lo leggo.
Due accanto parlano di un viaggio a Firenze. Uno di loro a voce troppo alta, per i miei gusti, si vuole far sentire. In realtà è proprio il timbro che mi irrita. A tratti mi distoglie dalla lettura. E quando sento che parla del Davìd accentando la i, e poi confonde il Mameli con il Mamiani, e critica gli ex-Viscontini (alla sua età, questi discorsi?), mi alzo e vado a leggere al bancone. Ho un carattere di merda, mi vorrei schiaffeggiare, ma già sono qui da sola, non posso esagerare.
Ho superato le settanta pagine. Ormai lo finisco, il libro. Mi ero chiesta se figura-seria sarebbe potuto passare stasera. Pascale mi intrattiene felicemente e il pensiero è lontano.
(Bugia).
Seconda birra.
Scosto un attimo gli occhi dalla pagina e noto un paio di gambe. Gambe sedute allo sgabello accanto al mio. Non ho la più pallida idea da quanto siano qui. Non che siano delle gambe particolarmente belle da meritare attenzione, ma sono solo perplessa dal fatto di trovarmi completamente immersa nel libro da non so quanto tempo da non accorgermi di cosa mi succeda intorno.
Bravo Pascale.
Ora però, mi dispiace dirtelo, Pascale, ma non ti seguo più.
Alzo la testa dalle gambe e c’è figura-seria attaccato a loro. Sono effettivamente sue.
Non so se esce un ciao a me o a lui, forse a nessuno dei due e l’ho solo immaginato.
Ha un bicchiere di vino bianco, brinato, l’ha preso da poco, dunque.
Il ragazzo al bancone ci serve una ciotolina di lupini:
“Vi va bene una in due?” ci chiede.
Tipo Lilli e il Vagabondo.
Meno male che un ciuffo mi cade sul viso.
Stavo tanto bene in Molise.
Figura-seria pare un po’ Corto Maltese. I miei cari amici, che mi vogliono bene, dicono che con il nuovo look sembro Valentina. Seee. Sto messa bene, se parto con i fumetti arrivo ai cartoni, poi alle Cascate Paradiso e al viaggio in Argentina che non mi posso più permettere perché dicembre non è andato come speravo. Merda.
Mi sento lievemente agitata. Come un Martini cocktail di James Bond, agitato non mescolato. Mi piacerebbe essere trasparente come quel Martini, ma credo di essere più un Negroni, ora.
Sbadiglio per prendere aria. Mi rendo conto che stavo in apnea. E parlo. Sempre che chiedere una sigaretta sia parlare. Così esco e prendo altra aria. Esce pure lui. Ma non ci diciamo nulla, credo. O forse cerco di attaccare bottone in maniera terribile. Strano, questo tipo qui mi intimidisce e mi rende decisamente ridicola. Ma anche bella. Basta un suo sguardo di sfuggita, che sembra di sfuggita, ma è molto penetrante. Mi sento infinitamente tonta. E’ la parola giusta, tonta, d’altri tempi.
Nel frattempo che penso, fumo e penso penso penso che non voglio nulla e che ci sto a fare qui, salta la luce, dentro, fuori, all’intero quartiere. PincoPallo si illumina di candele e diventa tutto estremamente rilassante, inizio a sentirmi a mio agio nella penombra.
Ritorno alla mia lettura e ritorna la luce, peccato. Il locale si popola di amici di figura-seria, un gruppetto allegro che se lo porterà via a breve, tanto io finirò il mio libro e andrò a dormire.
Mai programmare qualcosa.
E’ così che vengo risucchiata in una dimensione parallela.
Vengo sradicata dal mio sgabello da C/, amico di figura-seria, che si presenta dicendomi che lì fuori mi vorrebbero a cena con loro. Ecco, questo non me lo aspettavo proprio. A dir la verità non so assolutamente cosa possa succedere, non riesco a prevedere niente, di solito so orientativamente aspettarmi qualcosa, leggo il pensiero, le mosse, ma figura-seria nella sua compostezza è decisamente fuori dalla mia portata, ha in sé una vibrazione che mi arriva confusa ma magnetica. Mi chiedo se si stia grandemente prendendo gioco di me, o che sia semplicemente una sorta di esperimento comportamentale, potrebbe essere. Vada per l’esperimento comportamentale. Anche se nel momento stesso in cui decido sia così, mi perdo.
Ormai sono per strada, un intreccio di mani, non ricordo i nomi di tutti, ma ricordo il suo, lo chiameremo “Ugo”. Palleggio da una parte all’altra, e mi sento bene. Sono vivi questi tipi qui, è piacevole sentire il sardo parlare, il professore, le ragazze mi sorridono sinceramente - cosa rara quando entra un’intrusa in un gruppo - quindi 10 punti alle ragazze. Poi c’è una coppia carina, lui ha gli occhi che ridono, lei sembra felice. Alcuni non li colgo, alcuni mi sembra di averli già incrociati in zona. E pare che scrivano tutti o almeno leggano molto. Una sensazione di accoglienza che non è da esperimento comportamentale di certo.
E quindi mi trovo a tavola con loro davanti a una pizza e a destra di Ugo. Poi ci sono E/ e C/ che mi fanno sentire coccolata e una coppia che mi studia. Ovvero, studia me accanto a Ugo. Da lì i dubbi. E dalle continue telefonate e poi i messaggi - sms e forse pure email fb twitter blog e piccioni viaggiatori. Ugo c’ha da fa’.
Quindi, sorridente e chiacchierante e dissimulante, mi parte un embolo:
A. Ha la ragazza (che giustamente sente quando gli pare).
B. Ha una ex che la tira per le lunghe (a cui è affezionato e ascolta).
C. Ha problemi in famiglia (discutibile).
D. E’ cercato per lavoro a qualsiasi ora (capita ad alcuni).
E. Sta bleffando.
F. E’ timido (l’ultimo timido che ho conosciuto era un gran fiòdena).
Vorrei chiedere l’aiuto del pubblico o telefonare a casa. Il mio intuito è andato in vacanza proprio oggi, spero torni presto.
Accendo la E, giusto per fare un attimo la primadonna. Oppure la risposta giusta è A-B-C-D-F, per fare la tragica.
Poi la smetto di pensare e riprendo a divertirmi, ritorna una serata magica e inaspettata, e ringrazio facendo un inchino. Guardo il mio indice, è minuscolo accanto al suo. Ci eravamo già visti prima? Si cerca in posti e persone, ma non ne esce nulla se non accenni, frammenti, di noi.
Per me, se finisce qui, è già eudemonia, per l’incertezza e l’incanto del caso. Perché non posso decidere tutto, ma permettere che accada qualcosa.
No?


La foto è di Alessia Cervini

Abbiamo chiesto all'autrice di raccontarci come nasce l'illustrazione dei suoi racconti che ci e' apparsa enigmatica, pur consapevoli che l'arte non debba avere necessariamente una funzione didascalica.
"Relativamente al mio lavoro con Alessia Cervini, condividiamo che la fotografia vada sedimentata insieme alla lettura. E' un completamento emozionale al testo scritto, senza per forza doverlo illustrare; perche' ha vita autonoma, e al tempo stesso deve accennare delicatamente - deve dare l'idea di qualcosa che si trova in un luogo simile ma non uguale, che non è per forza quello raccontato, ma è uno dei luoghi possibili. E soprattutto è un luogo del pensiero, non fisico. Non è dovuto sapere a quale parte del racconto si riferisca l'immagine, ognuno può immaginarlo. Il lavoro di Alessia scelto si riferisce in particolar modo alla relazione con gli uomini, o meglio al rapporto uomo-donna, e dunque si amalgama bene ai racconti pubblicati (escludendo solo "Topo di bordo", che è un racconto per bambini)".

1 commento:

  1. Penna precisa e calibrata. Ma per sua natura, non per moda o particolari mire stilistiche.

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Presentazione di "Tunisi, taxi di sola andata", 16 maggio 2012, libreria N'Importe Quoi, Roma

Presentazione di "Tunisi, taxi di sola andata", 16 maggio 2012, libreria N'Importe Quoi, Roma
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"Tunisi, taxi di sola andata" a Milano, 19 aprile 2012

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Presentazione di "Tunisi, taxi di sola andata a Milano", libreria Milano Libri. Insieme all'autrice, Ilaria Guidantoni, il presidente del Touring Club Italiano, Franco Iseppi, e Laura Silvia Battaglia, inviata esteri di Avvenire. Letture a cura dell'attore Michele Mariniello

Presentazione di "Tunisi, taxi di sola andata", libreria N'Importe Quoi di Roma, 13 aprile 2012

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Ilaria Guidantoni ospite di RADIOLIVRES, con Vittorio Macioce, caporedattore de' Il Giornale, ed Edoardo Inglese,"musicante", in una serata di parole e musica

Presentazione di "Tunisi, taxi di sola andata" presso il Rotary Club di Marina di Massa, 29 marzo

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L'autrice tra Lorenzo Veroli, il Segretario del Club e Chiara Ercolino

Presentazione di "Tunisi, taxi di sola andata" presso la libreria Griot di Roma, 28 marzo 2012

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Presentazione "Tunisi, taxi di sola andata", Roma, Sala stampa Camera dei Deputati, 28 marzo 2012

Presentazione "Tunisi, taxi di sola andata", Roma, Sala stampa Camera dei Deputati, 28 marzo 2012
Insieme all'autrice, Ilaria Guidantoni, l'on. Elisabetta Zamparutti (Radicali Italiani) e il giornalista tunisino Salah Methnani, inviato di Rainews24

Giovedi 1° marzo 2012, alla Centrale Montemartini di Roma, dalle ore 18.30 presentazione di "365D"

Giovedi 1° marzo 2012, alla Centrale Montemartini di Roma, dalle ore 18.30 presentazione di "365D"
Marzia Messina, ideatrice del progetto e realizzatrice per "Prima che sia buio" della foto dell'autrice

Il fotografo di 365D Sham Hinchey

Il 29 agosto di 365D

Con Raffaella Fiorito, mia vicina di calendario

Presentazione di "Prima che sia Buio", Galleria d'arte Barbara Paci, Pietrasanta, 16 Luglio 2011

Presentazione di "Prima che sia Buio", Galleria d'arte Barbara Paci, Pietrasanta, 16 Luglio 2011

Metti una sera d'estate, prima che sia buio...

"Prima che sia buio" incontra l'arte alla Galleria Barbara Paci di Pietrasanta

Ilaria Guidantoni e Barbara Paci

La scrittrice con i genitori

La scrittrice tra Daniela Argentero e Barbara Paci

La scrittrice tra gli amici

Leggendo "I giorni del gelsomino" con il pittore Agostino Rocco

Leggendo "Colibrì"

L'autrice con Agostino Rocco

A Jorio, dedicato a Pistoia, alla Toscana e a una città d'arte

Tra Firenze e Pistoia

Con il pittore Agostino Rocco tra parole e immagini