martedì 20 dicembre 2011

Racconto strambo di Natale

di Ilaria Guidantoni

Un Natale malinconico, troppo freddo e poco illuminato si annunciava nelle vie rumorose del centro di una grande città. La gente si accalcava, cercando di accaparrarsi le provviste per un periodo che si intravedeva lungo e penoso; qualcuno frugava nelle rimanenze a basso prezzo; altri strappavano dalle mani dei più deboli quanto non avrebbero potuto acquistare, eppure desideravano ardentemente; altri infine rinunciarono quasi subito.
Il tempo correva verso la notte, l’umidità lasciava infreddoliti nelle misere vesti i più, mentre la scarsa illuminazione delle vie, un tempo eleganti, diffondeva il sospetto.
La gente era nervosa, delusa, rabbiosa, sfiduciata e c’era un’aria malsana ad affaticare il respiro.
Ad un certo punto si sentirono grida e un frastuono. Così serpeggiò la paura…gli addetti alla sicurezza fecero finta di nulla e si allontanarono fingendo un’emergenza maggiore se possibile, altri si strinsero nei loro cappotti e si attaccarono alle proprie borse come allo scoglio i molluschi.
Si distanziarono gli uni dagli altri e il terrore li bloccò in un irrigidimento innaturale che lasciava presagire il peggio.
Passarono alcuni minuti che parvero anni. Poi, d’un tratto, come nelle rivoluzioni, un fruscio divenne un frastuono e il mondo sembrò rovesciarsi.
Qualcuno si accorse che le grida erano risa fragorose, la confusione giochi di bimbi. Al centro della piazza enorme, un po’ vuota, dove il giardino quell’anno era rimasto sguarnito, una bambina nera dalle treccine inanellate con fiocchetti colorati rincorreva un bambino, comunicando in una lingua sconosciuta. Un alfabeto che tuttora non ha nome era nato dalla voglia di ascoltarsi, dall’urgenza dell’amore, dal coraggio della determinazione di due vite che si incontrano.
I due bambini sembravano appartenere a due mondi lontani anni luce – e probabilmente così era – ma avevano una nota comune: erano interamente vestiti di bianco.
Fu così che mille occhi si accesero come fiammelle intorno al loro gioco. Ad un certo punto i due teneri cuccioli si presero per mano e si baciarono.
D’improvviso il caos dei colori e dei rumori si placò.
La città divenne interamente bianca, soffice, leggera. Tutti cominciarono a piangere per la commozione e forse l’intontimento se non lo spavento…erano lacrime dolci, cristalli di zucchero ad annunciare un Bianco Natale, che odorava di fresco e di pulito.

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