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venerdì 2 dicembre 2011
45 ° Rapporto sulla Situazione Sociale del Paese 2011
Roma, CNEL - 3 Dicembre 2011 - Un Paese fragile ed una società isolata ed etero diretta, è la foto che emerge dal Rapporto sulla Situazione Sociale del Paese 2011, a cura della Fondazione Censis, presentato oggi al Cnel a Roma.
L’italiano del 2011 è deluso, impaurito e incerto rispetto al proprio futuro.
Esordendo, il Presidente del CNEL Antonio Marzano, ha evidenziato la fotografia di una Paese fragile con la sensazione di essere eterodiretta, data la forte influenza esterna. La prova è lo sguardo rivolto al passato come il luogo dove risiede il meglio dell’Italia. Il presente è il tempo della crisi e la ricerca di soluzioni micro, di adattamento individuale nel vivere quotidiano, non rappresenta che la prima reazione, oggi insufficiente. Spesso il problema è di matrice esterna, basti pensare alla crisi finanziaria, originatasi negli Stati Uniti o a quella economica, che si è ripercossa sulla domanda, dai natali giapponesi. Guardando al nuovo anno l’invito è a fare sistema, un monito che viene anche forte e chiaro dalla presidenza della Repubblica, tornando all’economia reale. Le due cose sono tra l’altro connesse. Detto in termini diversi, occorre reinvestire nell’industria, considerando il made in Italy ancora una risorsa spendibile sul mercato, almeno a giudicare dalle esportazioni: nel primo semestre dell’anno sono cresciute del 16%, un dato positivo da non sottovalutare. La ricerca dei valori comuni, quali strumenti di una maggior coesione sociale, funzionali a fare sistema, sono essenzialmente due: la famiglia e la qualità della vita, un indicatore sul quale molti studiosi stanno lavorando per rivedere e ridefinire il Pil secondo nuovi parametri. Su cosa si può contare? Sulla cultura, la natura e, in generale, il patrimonio paesaggistico e storico-artistico, atout della nostra reputazione all’estero. Rispetto a tale serbatoio è importante incidere su alcuni punti di debolezza, uno per tutti, la formazione. In particolare è evidente la crisi della lingua italiana, elemento di forte coesione. Direi a questo proposito qualcosa di più: la lingua rappresenta il nostro dna delle emozioni, l’architettura del nostro pensiero, lo stile del vivere sociale ed è per me l’identità fondamentale, pensando alla mia italianità. Tra l’altro la lingua, nella visione tradizionale, racconta e declina il pensiero dando i nomi alle cose (definendone l’essenza). Non è un caso che un Paese come la Grecia, la culla della nostra lingua, sia profondamente in crisi e che il greco moderno sia maltrattato.
Giuseppe Roma, Direttore CENSIS, ha analizzato le criticità del Paese, mettendo l’accento sul debito accumulato che diventa un problema paese nel momento in cui supera il 100% e a tal riguardo nel 1992 il debito italiano toccò il 106%. La società è disorientata dalla percezione del pericolo incombente nella dialettica con un mondo lontano e per il problema interno riconducibile essenzialmente al debito. E’ da almeno 10 anni che gli italiani vivono nell’incertezza e questa sospensione li ha gettati in uno stato confusionale. Tre cose colpiscono di più le tradizionali virtù italiane, messe ora sotto stress: l’identità; la famiglia; la mancanza di crescita.
Per quanto concerne l’identità il 46% degli italiani intervistati nell’indagine Censis si dichiara legato soprattutto allo spirito della nazione, mentre il 15% si definisce globale. A tal proposito mi è venuto spontaneo rivolgermi la domanda: mi sono risposta che trovo la mia identità nell’essere mediterranea e che mi sento italiana soprattutto per la lingua, per gli studi classici, guardando al passato.
Il problema della famiglia è di tipo comportamentale (la disgregazione e l’allontanamento dalle forme tradizionale, costituite e regolate) e demografico (la mancanza di crescita). Mentre sul fronte socio-economico emerge un deficit di classe dirigente, chiaramente percepita dalle persone e un crollo della produttività, ovvero tanto lavoro crea poco valore probabilmente perché si è sostituito gradualmente lavoro di basso livello al posto di elevata professionalità. In Italia, caso unico, il pil cresce meno dell’occupazione.
Nelle conclusioni Giuseppe De Rita, Presidente del CENSIS, ha sottolineato il valore del patrimonio, inteso anche come patrimonio immobiliare privato, dal quale ripartire e per il quale è necessario fare di più. Citando il filosofo Levinas, ha ricordato che si salveranno solo gli uomini fedeli allo scheletro contati dono. Accanto a tale definizione De Rita ha citato 5 punti imprescindibili per riavviare il motore dell’Italia: l’economia reale; la lunga durata; l’articolazione del sistema, il primato sociale; e la rappresentanza, morta soprattutto in termini politici.
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