Emanuela Frate
C’è un’esperienza che accomuna le donne di ogni parte del mondo a prescindere dalla loro razza, dalla loro religione, dal loro status sociale, dal loro livello di istruzione: la nascita di un figlio. Mettere al mondo dei figli è e rimane un’esperienza unica, indescrivibile, che suscita forti emozioni e sensazioni profonde in ogni donna. Ogni parto è un’esperienza indimenticabile per ogni singola donna. Tra la donna ed il suo bambino si crea un rapporto di simbiosi e di amore che travalica le frontiere.
Se in Italia e, nel complesso, nelle realtà più industrializzate, la gravidanza ed il parto stanno diventando delle esperienze “scientifiche” tanto da far accantonare, da parte delle future mamme, “i consigli della nonna”, nelle realtà a sud del Mediterraneo, sono ancora presenti molti riti, usanze, tradizioni e le superstizioni legate a questo magico evento. In Italia, perfino nei paesini più piccoli, molto è stato smarrito di questo immenso patrimonio fatto di riti religiosi e superstizioni legate alla nascita di un bambino. Molto è andato perduto in nome di una eccessiva medicalizzazione.
Oggi, anche i Paesi al Sud del Mediterraneo, si stanno progressivamente adattando a questi standard europei. Soprattutto la Tunisia assomiglia sempre più all’Italia, non soltanto per la vicinanza geografica al Belpaese, ma anche per il tasso di fertilità pari a due figli per donna (di poco superiore a quello italiano).
Tuttavia, soprattutto in alcune regioni della Tunisia, persistono alcune usanze spesso considerate bizzarre agli occhi di un europeo. Tuttora infatti c’è l’usanza di far accorrere una ostetrica del tutto “particolare”. Si tratta sovente di una donna di una certa età, rinomata per la sua saggezza e per la sua fervente fede e spiritualità “ricompensata” da Dio con il compito ed il privilegio di far venire al mondo i bambini. Dopo aver fatto pronunciare alla futura mamma la professione di fede (shahada) l’ostetrica l’aiuta nelle fasi del travaglio. Generalmente, la partoriente invoca l’aiuto del Profeta Maometto per alleviare i dolori delle contrazioni.
Racconta l’artista di origine tunisine ma residente in Canada, Abdelhamid Hanafi, che sua madre partorì ben dieci bambini in questa maniera sempre dalla stessa levatrice e tutto andò per il verso giusto. Il neonato viene accolto dal grido delle “yoyou” (le donne magrebine che intonano con la lingua un particolare suono di giubilo) ed un montone viene spesso sacrificato in modo propiziatorio per accogliere il nuovo nato venuto al mondo. Nel sud della Tunisia, il cordone ombelicale viene tagliato con una lama di rasoio. Dopo la nascita, la giovane madre deve proteggere il suo bambino da chi potrebbe “rapirlo” e per far ciò si usa deporre una bottiglietta d’acqua vicino al bambino ed un setaccio. Per scacciare il malocchio, in alcune parti della Tunisia si usa applicare sul viso del bambino un po’ di fuliggine per renderlo meno desiderabile.
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